Pietro Bassi Neurologo
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Nei Paesi industrializzati le vasculopatie cerebrali costituiscono la terza causa di morte – dopo le malattie cardiovascolari e le neoplasie – ma sono la prima causa di disabilità cronica, con un enorme impatto psicologico, sociale ed economico su pazienti, nuclei familiari e servizi sanitari. Nella categoria nosologica delle vasculopatie cerebrali rientrano sia quadri acuti, quali l’ictus cerebrale e l’emorragia subaracnoidea, sia una molteplicità di condizioni cliniche subacute o croniche, come le patologie della sostanza bianca sottocorticale, i disturbi della sfera cognitiva e comportamentale a eziologia vascolare, l’epilessia vascolare, le vasculopatie a base genetica, le malformazioni arterovenose, le alterazioni della parete arteriosa del circolo carotideo e vertebrobasilare e, infine, le fasi di recupero e riabilitazione poststroke. Solo per l’ictus acuto, si tratta, in Italia, di circa 200.000 eventi all’anno, di cui almeno l’80% è costituito da primi eventi, con una mortalità a un anno pari al 30% nelle forme ischemiche, al 50% nelle forme emorragiche. Le vasculopatie cerebrali acute causano più morti (1,45 volte) dell’infarto del miocardio. Le giornate di degenza per vasculopatia cerebrale acuta sono più di due milioni all’anno. Le ricadute sociosanitarie sono evidenti.
L’esordio clinico acuto viene definito in base sia a un criterio temporale sia a un criterio eziopatogenetico, e questa doppia definizione ha immediate ricadute terapeutiche. Un esordio acuto definisce un ictus, e la natura ischemica o emorragica indirizza la terapia verso una strada medica o verso una strada chirurgica, entrambe di assoluta urgenza. L’ictus cerebrale (o stroke) è quindi una sindrome clinica caratterizzata dall’insorgenza improvvisa di sintomi o segni neurologici, focali o diffusi, di durata superiore a 24 ore. Nel caso di un’ostruzione all’apporto ematico, si avrà l’ictus ischemico (responsabile circa dell’80% dei casi). Nel caso di una rottura di un’arteria cerebrale si avrà una emorragia cerebrale (10-15% dei casi) o un’emorragia subaracnoidea, due situazioni che necessitano dell’impiego di metodiche d’immagine quali TC e RM cerebrale. Quando il deficit neurologico regredisce completamente entro 24 ore (in genere entro 60-90 minuti), si parla di attacco ischemico transitorio o TIA.
Il cervello, (2% circa della massa corporea) riceve il 15% della portata cardiaca e consuma in modo costante e continuativo il 20% del glucosio e dell’ossigeno disponibili per l’intero organismo.
Quadro clinico
L’esordio improvviso di un deficit neurologico a focolaio rappresenta la caratteristica clinica principale dell’evento cerebrovascolare acuto (TIA, ictus). Il quadro clinico varia a seconda dei distretti vascolari interessati. La classificazione dell’Oxfordshire community stroke project (OCSP) rappresenta un utile strumento per l’inquadramento del paziente con malattia cerebrovascolare acuta.
TACI (Total Anterior Circulation Ischemia). Ischemia da occlusioni dell’arteria carotide interna.
PACI (Partial Anterior Circulation Ischemia). Queste patologie possono essere distinte in sindromi dell’arteria cerebrale anteriore media
POCI (POsterior Circulation Ischemia). Le ischemie del circolo posteriore si manifestano con segni e sintomi neurologici relativi all’interessamento dei lobi occipitali e del tronco encefalico.
Sindromi lacunari. Sono dovute all’occlusione di piccole arterie cerebrali, in genere di tipo penetrante o perforante, e la lesione tissutale ha dimensioni inferiori ai 15 mm.
Il quadro clinico si basa sull'interessamento delle varie zone colpite:
Deficit motorio e sensitivo a carico dell’intero emisoma controlaterale, disturbi del campo visivo, compromissione di funzioni simboliche con afasia o aprassia, deviazione forzata di capo e occhi, deficit monoculare del visus, emiplegia, disturbi sensitivi, eminegligenza. Le sindromi, in rapporto all’estensione e alla localizzazione dell’ischemia, si manifestano con emiparesi/emiplegia controlaterali, disturbi delle funzioni corticali superiori . Le lesioni dell’emisfero dominante coinvolgono principalmente il linguaggio (afasia) e le prassie (aprassia). Nelle lesioni dell’emisfero non dominante compaiono disturbi dello schema corporeo e dell’esplorazione spaziale e negligenza. Frequenti sono inoltre i disturbi affettivo- comportamentali.
Alterazioni nella visione dei colori, agnosia visiva, deficit cognitivi. Il talamo (emisindrome sensitiva, dolore talamico, deficit delle funzioni esecutive e della memoria verbale e visiva, atassia, lieve emiparesi); Cervelletto (atassia degli arti e del tronco, vertigini, nistagmo, disartria); tronco encefalico (deficit di nervi cranici omolateralmente alla lesione con segni di vie lunghe controlaterali, disturbi di coscienza, paralisi dello sguardo).
Il paziente con deficit neurologico ad esordio acuto deve essere condotto nel minor tempo possibile presso un centro specialistico in grado di mettere in atto una serie di procedure cliniche e strumentali finalizzate alla diagnosi e alla terapia precoce. La TC cerebrale, senza mezzo di contrasto, rappresenta il primo accertamento diagnostico da eseguire. La Risonanza Magnetica (RM), eseguita con sequenze pesate in diffusione e perfusione, è estremamente utile per valutare l’estensione dell’area infartuata e del tessuto cerebrale a rischio, anche in caso di piccoli infarti. I pazienti devono essere sottoposti a valutazione cardiologica. È importante valutare, mediante l’esecuzione di esami ematochimici, la presenza di fattori di rischio cardiovascolare, nonché di stati protrombotici o trombofilici.
La gestione terapeutica dell’ictus ischemico riconosce tre momenti fondamentali: la terapia in acuto. Il trattamento delle condizioni generali, la gestione delle complicanze sia internistiche sia neurologiche e la prevenzione.
Trattamento in acuto: Le due opzioni di trattamento specifico per l’ictus ischemico acuto sono la trombolisi intravenosa e la trombectomia meccanica. Per entrambi di vitale importanza è il fattore temporale. Il riconoscimento precoce è di importanza strategica.
Attualmente per l'ictus ischemico viene raccomandata la somministrazione di agenti trombolitici entro 4,5 ore dall’esordio dei sintomi. Il trattamento è raccomandato anche in pazienti con ictus a insorgenza non nota, qualora la RM in diffusione consenta di datare l’esordio evento.
Altra terapia standard dell’ictus ischemico è il trattamento di ricanalizzazione per via endovascolare, vale a dire la rimozione meccanica del trombo occludente dalle arterie cerebrali. La trombectomia meccanica si è dimostrata efficace nel migliorare la prognosi dei pazienti con ictus ischemico da occlusione dei grossi vasi cerebrali entro le 6 ore dall’esordio dei sintomi. Studi recenti hanno evidenziato l’efficacia dei trattamenti meccanici oltre le 6 ore e fino a 24 ore dal teorico esordio dei sintomi.
Per quanto concerne la forma emorragica, il trattamento in acuto differisce a seconda della causa dello spandimento emorragico. Anche nell’ictus emorragico è vitale agire il più precocemente possibile.
Nel caso di emorragie conseguenti alla rottura di lesioni vascolari quali aneursmi o malformazioni arterovenose cerebrali, si interviene per via chirurgica o endovascolare.
Trattamento delle condizioni generali e delle complicanze. I pazienti con Ictus devono essere sottoposti a monitoraggio cardiaco per la frequente comparsa di aritmie, insufficienza cardiaca, coronaropatie, stretto controllo del bilancio idroelettrolitico, della glicemia, della temperatura corporea, e attuata una prevenzione delle tromboembolie venose e delle eventuali crisi epilettiche. Fondamentale è la gestione della pressione arteriosa.
Prevenzione secondaria. Si basa sul controllo dei fattori di rischio cardiovascolari (fumo, ipertensione arteriosa, dislipidemie, diabete mellito) e sull’as sunzione delle terapie antitrombotiche o anticoagulanti.